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mercoledì 28 gennaio 2015

«I fiori mi dicono addio» – Sergej Aleksandrovič Esenin












I fiori mi dicono addio, 
Scrollando in giù le corolle, 
Perch’io mai più rivedrò 
Il suo volto e il paese natio.

Non importa, mia cara, non importa! 
Li ho visti ed ho visto la terra, 
E accolgo questo brivido tombale 
Come se fosse una nuova carezza.

E poiché penetrai l’intera vita 
Passandole dinanzi sorridendo, 
Mi dico ad ogni istante 
Che a questo mondo tutto si ripete.

Verrà un altro, e che importa! La tristezza 
Non cancella chi parte: per la donna 
Abbandonata e cara comporrà 
Il successore un canto ancor più bello.

E nel silenzio ascoltandolo 
Dal nuovo amante l’amata, 
Di me può darsi si ricorderà 
Come di un fiore che non si ripete.

Sergej Aleksandrovič Esenin
[1925]
(Traduzione di G. P. Samonà)


mercoledì 7 gennaio 2015

F. PESSOA







Sì, un momento

passi ancora
per il mio vago pensiero,
e ricordarti sarebbe tormento
se immaginare fosse disgrazia.

Sì, in quell’ora
in cui parlammo più guardando
che parlando,
derivò questa cronica esitazione
che ora ho nel ricordarti.

Apparisti
nella mia vita
come una cosa che era alla porta.
Sparisti.
Più tardi seppi del tuo eclissarti.

Tuttavia, tuttavia,
riuscisti
a prendermi un po’ il cuore.
È un cuore triste
e non
si intende con tutto

né ha modi
per farsi amare
o per immaginarlo.
Salvo quando
il tuo sguardo
ostinatamente dolce
mi faceva saltare
il cuore in petto.

Ove andavo io?
Già lo scordavo.
Sì, il mio cuore fu tuo
in quel giorno,
in quel giorno o in un altro …
Neanche vi fosse altra terra o cielo
qualcosa sarebbe accaduto.

martedì 30 dicembre 2014

EUGENIO MONTEJO





Parto con ogni nave di questo porto,

con ogni goccia azzurra di ossigeno
tra rauchi fischi.
Vado a Rotterdam, dove ora cade spessa la neve,
e i gabbiani olandesi
frugando tra le merci
si posano sugli alberi delle navi.
Una cabina mi attende in ogni nave,
un libro di Li Po per la mia traversata;
– cercatemi a Rotterdam, scrivetemi
anche se non partissi.
Se non parto a quest’ora lo farò in un’altra;
le navi cambieranno, non il mio desiderio;
il mio desiderio è a Rotterdam:
da qui lo intravedo assieme alla neve
tra le sue case.
Non c’è una sola via sul mare
che non abbia il suo contrario,
non ci sono modi di stare e di non stare dove si viaggia.
Se scegliessi un’altra via più semplice, più umana,
partirei senza assentarmi,
toccandola la neve mi parrebbe calda.
In ogni nave di questo porto
ho noleggiato il mio bagaglio;
se anche mi vedessero domani qui nei moli,
sono a bordo;
le navi cambieranno, non il mio desiderio;
– cercatemi a Rotterdam, scrivetemi,
il mio desiderio ha il volo del gabbiano
e neve tra le sue ali.
Eugenio Montejo
(Traduzione di Luca Rosi)
da “Poesia” n. 234 – Gennaio 2009, Crocetti Editore
***
Partida
Me voy con cada barco de este puerto,
con cada gota azul de oxígeno
entre roncos silbatos.
Me voy a Rotterdam donde ahora cae densa la nieve
y las gaviotas holandesas
hurgando las mercaderías
se posan en los mástiles.
Un camarote me espera en cada barco,
un libro de Li Po para mi travesía;
-búsquenme en Rótterdam, escríbanme
aunque no parta.
Si no salgo a esta hora será en otra;
las naves cambiarán, no mi deseo;
mi deseo está en Rótterdam:
desde aquí con la nieve lo diviso
entre sus casas.
No hay un solo camino sobre el mar
sin su contrario,
no hay maneras de estar y no estar donde se viaja.
Si mediara otra senda más simple, más humana,
saldría sin ausentarme,
la nieve me sería cálida al tacto.
En cada barco de este puerto
tengo fletado mi equipaje;
aunque me vean aquí mañana por los muelles,
estoy a bordo,
las naves cambiarán, no mi deseo;
-búsquenme en Rotterdam, escríbanme,
mi deseo tiene vuelo de gaviota
y nieve entre sus alas.
Eugenio Montejo
de “Terredad” (1878)


lunedì 29 dicembre 2014

KOSTAS KARIOTAKIS







Noi siamo cetre un poco sgangherate. Il vento, quando passa sulle corde, come catene sospese, risveglia dei versi, dei rumori dissonanti.
Noi siamo antenne un poco singolari. Come dita s'innalzano nel caos, in cima ad esse echeggia l'infinito ma ben presto cadranno giù spezzate.
Noi siamo sensazioni un po' disperse senza speranza di concentrazione. Nei nostri nervi tutto si confonde.
Ci duole il corpo, duole la memoria. Ci scacciano le cose, e la poesia è il rifugio che sempre più invidiamo.

sabato 27 dicembre 2014

IL CONFINE DI Ana Blandiana






Ana Blandiana, considerata la maggiore poetessa romena contemporanea, ha affrontato con coraggio censure e ostracismi politici fin dal suo esordio. E ha saputocoltivare un proprio territorio lirico di salvezza dalle intrusioni esterne ridando vitalità e senso ad una poesia soffocata da un drammatico contesto socioculturale.Una scrittura preservata nella purezza stilistica dall’eccesso di forma, una poesia che, come lei ha dichiarato, “In un mondo che scrive e parla così tanto, ha lo scopo di ripristinare il silenzio, la capacità di tacere. Tutto ciò che ho cercato è l’ombra delle parole. E non hanno più ombra, le parole che hanno venduto la loro anima”.

*
Il confine
Cerco il principio del male
come da bambina cercavo i margini della pioggia.
Con tutte le forze correvo per trovare
il luogo dove
sedermi a terra a contemplare
da una parte pioggia, da una parte niente pioggia.
Ma sempre la pioggia smetteva prima
che ne scoprissi i confini
e ricominciava prima
di capire fin dove è sereno.
Invano sono cresciuta.
Con tutte le forze
corro ancora per trovare il luogo
dove sedermi a terra e contemplare
la linea che separa il male dal bene.
Ma sempre il male smette prima
che ne scopra il confine
e ricomincia prima
di capire fin dove è bene.
Io cerco il principio del male
su questa terra
volta per volta
grigia e assolata.
-Ana Blandiana-

sabato 6 dicembre 2014

IN MEMORIAM di Yòrgos Chronàs






Yòrgos Chronàs è considerato fra i maggiori poeti contemporanei greci. Nasce nel ’48 al Pireo e a vent’anni circa si trasferisce ad Atene. Pubblica il primo libro nel ’73. Il secondo, l’anno dopo, glielo finanzia Mànos Chatzidàkis, che gli procura anche un breve spazio di 15 minuti alla radio nazionale, sul terzo canale. Il programma si chiama “Odòs Pànos” (via Pànos). Da allora, non si contano gli interventi nella vita culturale del paese di Chronàs, talmente tanti sono. Pubblica 20 libri fra poesia, prosa e teatro. Continua le trasmissioni radiofoniche. Fonda una rivista letteraria (Odòs Pànos) e l’omonima casa editrice. Scrive anche canzoni, circa un centinaio, musicate da Chatzidàkis e altri nomi della musica contemporanea greca. Forte e influente è la sua presenza nelle lettere del paese. Più o meno nel 1970, conosce in un caffè del Pireo Michàlis Katsaròs che gli segna la vita poetica, come egli stesso sottolinea, a tal punto da dire, in un’intervista per la ERT (la RAI greca): “Molto di quello che ho scritto è dedicato, direttamente o non, a Katsaròs; non ho problemi nel dirlo”. Lo segna nel linguaggio, scarno, diretto, piano. Ma mentre Katsaròs è anche poeta di un linguaggio diretto di denuncia, Chronàs non fa da megafono ma da regista. “Quello che c’è nei miei testi non sono io; è quello che mi gira intorno. Può darsi che però, alla fine, sia anche io.” Chronàs viene definito “poeta delle piccole cose” ma in sostanza è un trasfiguratore della realtà, che prende il via da qualsiasi piccola cosa gli giri intorno. Una sorta di “surrealista” che registra, e trascrive, il surrealismo presente nelle nostre profondità quotidiane, con una lingua che tante cose è ma non surrealista. Viene anche definito “poeta del dolore” ma mi piacerebbe sapere chi non lo è, seppure per un momento. Ma il suo è un dolore distorto nelle parole e che è sempre presente, perfino quando andiamo al chiosco a comprare una birra. Il suo linguaggio è per certi versi spiazzante, e va messo in relazione al linguaggio della tradizione poetica greca, ancora oggi in molti casi lirica. E’ piano e colloquiale ma poi sfugge di continuo nelle piccole derive oscure del nostro vissuto più intimo, personale, e quindi trasfigurato dal nostro dolore. E’ spiazzante perché non c’è mai il ricorso al poetico, al verso che si fa ricordare e intorno a cui girano interi componimenti. In Chronàs è il totale che fa il totale. Bisogna considerare il testo nel suo totale. Sono uomini sospesi, i suoi, sopra le proprie stesse macerie, e che gettano parole nei buchi neri alla ricerca di qualcosa: le parole si allungano in significati inattesi, e ci spiazzano.
In memoriam
Alla fine poteva anche non essere mai sceso dal treno
e stare là da prima di me ad aspettare qualcuno
nessuno o niente. Poteva anche essere un uccello imbalsamato
in via Pireòs o un cervo fossilizzato sopra gli scogli
– queste morti stanno dipinte dentro di noi senza ali,
senza musica, senza entrate e uscite, così restano morti
sottoterra, in tutti i tempi, sulla terra.
Alla fine potevo anche non essere io, ma un altro
arrivato da giorni alla stazione, sotto
l’orologio fermo, in attesa di un incontro
la domenica pomeriggio. Potevo anche essere la manifestazione
tradita, il disertore, l’entrata del vinto nel
ritratto della sua fama postuma, la droga.
Quel pomeriggio, trovammo il nostro volto. Non eravamo più
noi. Eravamo belli, allora. Cosa rara.
*
Come allora, suoneranno i grammofoni,
allora, quando Rita se ne andò e restammo sole
nei bordelli.
Non avevamo uomini – Nikos era appena uscito
di prigione, e Simone portava in giro i bambini in carrozzina
per i luna park di provincia
Eravamo uscite sulla porta e ci passavamo il pettine
fra i capelli
Volevamo microfoni, veli neri gettati sulle spalle,
profumi costosi per i nostri corpi.
Genni, che dovevamo fare? Il mercato si riempiva
di maschi cavalli stecchiti e noi, con le borse, chiedevamo
del pesce.
*
Oramai passeggiano nei porti
gli amori, i baci frettolosi dietro le lamiere
dentro le baracche, accanto ai bagni
Piccole stanze, grandi stanze, stanzini
e sedie
custodiscono gli amori sotto chiave
Oramai stupidi, e prolungati.
La morte degli amanti
Ieri si è spenta la sua voce con le ombre
dietro le camere dove ci incontravamo
di sabato tardi,
vivendo la mitologia dei dettagli
prima della genesi del mondo
avendo tu il ruolo di Proteo
e io un ruolo di cui non ricordo più
le parole
le frasi
gli schemi.
Solo a momenti ricordo quelle
nostre ombre sul muro, dai movimenti così conosciuti
che nemmeno le osservavamo
nemmeno le commentavamo
nemmeno le vivevamo.
Come quella musica, musica disgregativa,
musica monotona nel nostro silenzio, dissolvente
nel tempo che si scioglieva in candele da due soldi,
fatte col grasso del maiale, sopra il tavolo
venivano dall’ignoto insieme all’incenso,
bruciavano.
Non ricordo altro, tutto c’è spento con la genesi
del mondo, quel giorno che tuo padre
facendo iniezioni di calce e terra nel cortile
fabbricò la prima cifra del nostro abbecedario.
la chiave per aprire la camera
dell’incenso
e delle candele da due soldi di grasso di maiale.
Quel giorno sei venuto e mi hai trovato
afflitto.
– Poveretto, mi hai detto
i giorni vuotano cicuta
nei nostri bicchieri pieni
e io non sono Socrate
per morire tranquillamente in prigione.
Ti ho guardato quando sei caduto sul pavimento,
giallo dipinto di ocra, con un odore che non
distinguevi se era sperma di uomo o incenso.
Hai gridato
– Che almeno mi divorino i cani.
Ieri c’è stato il tuo funerale. Non ci sono andato.
Sono rimasto con la mia ombra nella camera
dove ci incontravamo tardi di sabato
bruciando candele di grasso di maiale e incenso.
Ho continuato a bere cicuta.
Ieri c’è stato il tuo funerale.
Io non ci sono andato.
*

domenica 23 novembre 2014

QUANDO TU SARAI VECCHIA William Butler Yeats







Quando tu sarai vecchia e grigia,
col capo tentennante
ed accanto al fuoco starai assonnata,
prenderai questo libro.
E lentamente lo leggerai,
ricorderai sognando
dello sguardo che i tuoi occhi ebbero allora,
delle loro profonde ombre.
Di quanti amarono la grazia felice
di quei tuoi momenti e,
d'amore falso o a volte sincero,
amarono la tua bellezza.
Ma uno solo di te amò l'anima irrequieta,
uno solo allora amò le pene del volto tuo che muta.
E tu, chinandoti verso le braci,
sarai un poco triste, in un mormorio d'Amore dirai
di come se ne volò via.....passò volando oltre il confine
di questi alti monti e per sempre poi
il suo volto nascose in una folla di stelle.