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mercoledì 29 ottobre 2014

«La casa e il violino» / 2 di Hernán Ronsino traduzione di Giulia Zavagna


Non sono mai riuscito a scrivere una poesia. Per questo preferisco leggere le poesie di chi invece ci riesce. Leggere Zurita di Raúl Zurita, per esempio. È un libro immenso, un tomo enorme, sembra una mattone, di quelli che si usano per costruire pareti, per costruire case. Zurita dice: «Le enormi moli di roccia hanno preso il colore cenerino dell’alba e il paesaggio si interrompe bruscamente». Questo finale non mi è nuovo. E proprio per questo credo che potrebbe essere un’altra variante dell’argomento che affrontiamo oggi. L’interruzione brusca della scrittura. Mi ha sempre incuriosito la scrittura che di colpo si interrompe. I dintorni di un testo. La logica che porta a una frase che poi non si potrà sviluppare, che si vedrà, per varie ragioni, quasi sempre le stesse (malattia o suicidio), interrotta. Il precipizio che viene da fuori o da dentro. La scrittura spezzata dalla morte. È stato da poco pubblicato in Cile un libro di conversazioni tra Ilan Stavans e Raúl Zurita. Il libro si intitola Saber morir. C’è un punto in cui Zurita ricorda un passaggio della Storia del Perù di Garcilaso de la Vega: si tratta dell’esecuzione di un principe inca. Mentre un banditore legge, in spagnolo, le ragioni che giustificano la sua morte, il principe chiede a un frate di tradurgliele perché «non capisce la lingua in cui si pronunciano le ragioni della sua morte». Le ragioni della morte scritte in una lingua impossibile. In questa lingua impossibile sta anche il segreto di ogni parola interrotta.
Leopoldo_LugonesMi vengono in mente due casi di scrittura interrotta nella letteratura argentina. Leopoldo Lugones, per esempio, si suicida il 18 febbraio del 1938 sul Tigre. Ci sono molti strati di senso condensati in un suicidio. Ci sono molti fallimenti e una volontà ferma, vitale, l’esplosione finale potremmo dire, che si consuma in sé stessa. Il grande gesto positivo che è la negazione della negazione. In quell’estate del 1938 Lugones sta di fronte a un testo che non riesce a concludere. Che lo angoscia. Un testo che potrebbe essere in linea con il suo Historia de Sarmiento e con El payador. Ma Lugones non riesce a concludere la storia di colui che, secondo lui, è l’eroe dell’Argentina moderna. Negli ultimi passaggi del testo parla della grandezza di Roca. Cita Sarmiento per negare il genocidio dei popoli indigeni: «quegli indios non c’erano», dice la citazione di Sarmiento ripresa da Lugones. E poi scrive le ultime righe con una matita di grafite, seconda l’analisi che del manoscritto fa Juan Pablo Canala, per arrivare alla frase che resterà sospesa, interrotta come se una spada affilata ne avesse sventrato le estremità: «Ma non c’è nulla di irrefutabile come il saluto con cui Mitre, bisogna dirlo, lo congedò sulla Na…» La frase si interrompe e non sappiamo perché. Lugones scrisse questa frase alla locanda El Tropezón dopo aver preso il cianuro, dopo aver lasciato il foglio con il suo ultimo messaggio, dopo aver chiesto di essere svegliato verso le sei del mattino perché qualcuno, finalmente, lo trovasse dissanguato in quella stanza sul Tigre? Non lo sappiamo. Eppure inquieta. Quella parola interrotta. La parola nación. Con la maiuscola. Inquieta. Lugones non riesce a finire di scrivere la parola Nación. Ciò che sappiamo è quanto scrisse nel suo messaggio suicida: «Non riesco a concludere la Historia de Roca. Basta!»


    Saer_12-mm-e1346929297924Un altro modello di scrittura interrotta, nella letteratura argentina recente, può essere il caso di La grande di Juan José Saer. Secondo il suo editore, La grande è un progetto che Saer inizia a sviluppare nel ’99. E, secondo quanto si dice, Saer inizia a comporlo allo stesso modo in cui ha scritto il resto della sua opera, su vari taccuini. Prima, pensando la frase, tenendo a mente la condensazione. E poi mettendola in pratica. Qualcosa di simile a quanto dice Julio Premat, studioso dell’opera di Saer e curatore dei taccuini ritrovati. Lì, in quelle carte, praticamente non ci sono cancellature. La scrittura nasceva come un blocco, processato in precedenza. Simile al lavoro di un poeta. Quando si pensa alla relazione di Saer con la poesia si ricorda sempre ciò che disse qui a Santa Fe, nel suo famoso dialogo con Piglia, che poi l’Universidad del Litoral avrebbe pubblicato come libro. Alla domanda di Piglia sulla relazione tra lirica e narrazione, Saer risponde che uno dei suoi progetti era di scrivere un romanzo in versi o un romanzo poetico. Ma che di fronte a quella sfida l’apparizione della lirica si ha introducendo la poesia nella prosa. In questo modo, la prosa di Saer recupera il movimento geografico di Juanele, recupera la sua musicalità; come anche il fraseggio secco di Di Benedetto per far sì che esploda sulla pagina, che si rovesci come se la prosa fosse un fiume – apparentemente calmo – ma profondo e torrenziale all’interno. La grande è un romanzo, effettivamente, inconcluso. Ma possiamo anche pensare che, sebbene l’ultimo capitolo non fu scritto, quella frase che, forse, Saer colloca in modo provvisorio, come una linea dalla quale partire per trovare il suo mondo – quella frase nuda, come un pesce sulla riva del fiume – forse è il modo migliore di continuare a stare (stare stando) nella fitta selva. Ci sono molti incipit memorabili in Saer – e parti che si potrebbero citare a memoria: per esempio: «Altri, loro, prima, potevano» o «È l’alba e ha già gli occhi aperti». Ma non ci sono tanti finali. L’ultima frase di La grande potrebbe rappresentare un’eccezione, è una frase aperta, è un inizio, è uno dei versi migliori di Saer: «Con la pioggia, arrivò l’autunno, e con l’autunno, il tempo del vino».

    martedì 14 ottobre 2014

    PAUL ELUARD





    Paul Grindel, che adotterà il nome d'arte Éluard nel 1916 riprendendolo dalla nonna materna, nasce da Clément-Eugene Grindel, un contabile socialista e da Jeanne-Marie Cousin, una sarta per signora. Frequenta le scuole a Saint-Denis, Aulnay-sous-Bois e nel 1908 a Parigi dove nel frattempo la famiglia si è trasferita. Prosegue gli studi a Parigi fino al 1912, quando a causa di un attacco di emottisi deve entrare nel sanatorio di Clavades a Davos in Svizzera dove rimarrà per quattordici mesi.
    A Clavades incontra una giovane russa, che egli chiamerà Gala e che diventerà in seguito sua moglie, scrive versi ispirandosi al vitalismo di Whitman e alla musicalità di Verlaine che pubblica insieme ad alcune composizioni sparse su riviste oltre a due poemetti: Premiers Poèmes e Dialogues des inutiles. Nel febbraio del 1914 Paul viene dimesso dal sanatorio e quando ad agosto scoppia la guerra, è arruolato con destinazione ai servizi ausiliari. Diventa su sua richiesta fante in prima linea e nel febbraio del 1917 sposa Gala. Ammalatosi nuovamente nel maggio dello stesso anno, viene definitivamente assegnato ai servizi ausiliari.
    Nel maggio del 1918 nasce la figlia Cécile e nel maggio dell'anno seguente viene smobilitato. Risale al 1916 la raccolta di versi Le devoir che ripubblica ampliata nel 1918 con il titolo Le Devoir et l'Inquiétude e i Poèmes pour la paix. Nel 1919 partecipa alla vita del movimento dadaista e stringe rapporti di amicizia con i rappresentanti della contestazione artistica francese quali Paulhan, Aragon, Breton, Soupault e Tristan Tzara. Collabora intanto a diverse riviste d'avanguardia e dirige egli stesso la significativa rivista Provèrbe.
    Nel 1920 pubblica Les animaux et leurs hommes, les hommes et leurs animaux, nel 1921 Les nécessités de la vie et les conséquences des rêves, nel 1922 Répétitions e Les malheurs des immortels. Nel 1923 si contrappone, al dadaismo che si sta disgregando, il surrealismo ed Éluard passa, insieme ad Aragon, Péret e a Breton al nuovo movimento. L'animatore del surrealismo è André Breton e a lui Éluard dedica, nel 1924, Mourir de ne pas mourir.
    Nello stesso anno, colto da una crisi interiore, Paul abbandona improvvisamente Parigi e per sette mesi non dà notizie di sé, tanto da essere considerato morto. In realtà egli compie un lungo viaggio per mare da Marsiglia al Pacifico per fuggire alle contraddizioni che lo tormentavano. Ritorna a Parigi nell'ottobre del 1924 e presto riprende la sua attività nell'avanguardia. Continua a scrivere versi e nel 1925 pubblica 152 proverbes mis au goût du jour, in collaborazione con Péret e Au défaut du silence, con illustrazioni di Max Ernst; nel 1926 esce Capitale de la douleur e Les dessous d'une vie ou la pyramide humaine. Sempre nel 1926 aderisce al Partito comunista e con la pubblicazione di Capitale de la douleur viene riconosciuto come il "più poetico rappresentante della scuola surrealista". Da quel momento vive in modo appassionato la vita del gruppo con mostre, incontri, proteste, libri, riviste, riunioni surrealiste.
    Nella seconda metà del 1928 Paul ha una ricaduta del suo male ed è ricoverato per diversi mesi in un sanatorio dei Grigioni ma appena è dimesso continua, a fianco alla sua militanza surrealista, l'opera di poeta pubblicando, nel 1929 Défense de savoir con un frontespizio di Giorgio De Chirico e L'amour la poésie. In questo periodo la sua vita con Gala attraversa un momento di profonda crisi e nel dicembre del 1929 incontra Maria Benz, figlia di saltimbanchi, detta "Nusch", che diventa la sua nuova compagna e che lo seguirà fino a quando morirà improvvisamente nel 1946.
    Gli anni che vanno dal 1930 al 1938 vedono Éluard impegnato contro la repressione della società mentre si fa sempre più vicina la violenza della dittatura fascista che porta all'avvento di Hitler in Germania e alla vittoria di Franco in Spagna. Il poeta è sempre presente nell'offrire contributi non solamente poetici ma umani e politici. In questo periodo egli si allontana dal partito anche se non partecipa integralmente alle critiche che i surrealisti, ormai su una linea trotzkista, muovono all'Unione Sovietica e non sottoscrive il manifesto di protesta surrealista per il primo processo di epurazione politica di Mosca nel 1936 e non aderisce alla Federazione internazionale dell'arte rivoluzionaria fondata da Breton.
    Pubblica in questi anni molti libri tra i quali A toute épreuve nel 1930, Le vie immédiate nel 1932, La rose pubblique nel 1934, Facile nel 1935, Les yeux fertiles nel 1936, Les mains libres nel 1937, Cours naturel nel 1938. Nel settembre del 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, Éluard viene richiamato come tenente per prestare servizio nell'intendenza ma nel giugno del 1940, data che segna il crollo della Francia davanti a Hitler, egli viene smobilitato e può rientrare a Parigi.
    La tomba di Éluard al Père Lachaise
    Nel 1942 chiede nuovamente l'iscrizione al partito comunista francese (P.C.F.) e fa parte del movimento clandestino, contrassegnando il suo contributo alla resistenza con edizioni di libri di versi e di giornali alla macchia e trasmissioni radiofoniche clandestine. È del 1942 la sua famosa poesia Liberté. Nel febbraio del 1944 Éluard rientra a Parigi ancora occupata dai tedeschi e il 25 agosto dello stesso anno avviene la liberazione. In quello stesso anno la giovane casa editrice Seghers gli dedica una collana di libri, Poètes d'aujourd'hui.
    Risalgono a questi anni Chanson complète e Mèdieuses nel 1939, Le livre ouvert. I e II (1940 e 1941), Poèsiìe et vérité nel 1942, Au rendez-vous allemaid (1942-1945), Le lit table nel 1944. Dopo la liberazione e alla fine del conflitto, Éluard si impegna con il comunismo e compie numerosi viaggi nei paesi dell'Europa orientale, appoggia in Grecia la lotta per la liberazione e in Italia prende parte attivamente, nel 1946, alla campagna per l'avvento della Repubblica. Il 28 novembre, Éluard, che si trova in Svizzera, riceve la notizia della morte improvvisa di Nusch e ne rimane profondamente scosso. Solamente alla fine dell'anno ricomincia a riprendersi e si butta più che mai nell'impegno politico e nella poesia.
    Nel 1949, in occasione della sua permanenza in Messico, dove partecipa al "Convegno internazionale per la pace" incontra Dominique Lemor che sposa nel 1951. Ma nei primi giorni del settembre 1952, Éluard ha un improvviso attacco di angina pectoris e il 18 novembre dello stesso anno, in seguito ad un nuovo attacco, muore. Viene sepolto nel cimitero parigino di Père Lachaise. Sono di questi ultimi anni molte opere tra le quali, Poésie ininterrompue del 1946 (la seconda parte viene pubblicata postuma, nel 1953), Le dur désir de durer sempre nel 1946, Poèmes politique nel 1948, Une leçon de morale nel 1949, Tout dire e Le Phénix nel 1951.



    QUEI TUOI CAPELLI
    Quei tuoi capelli d'arance nel vuoto del mondo,
    Nel vuoto dei vetri grevi di silenzio e
    D'ombra dove con nude mani cerco i tuoi riflessi,
    Chimerica è la forma del tuo cuore
    E al mio desiderio perduto il tuo amore somiglia.
    O sospiri di ambra, sogni, sguardi.
    Ma non sempre sei stata con me, tu. La memoria
    Mia oscurata è ancora d'averti vista giungere
    E sparire. Ha parole il tempo, come l'amore.