Translate
martedì 5 agosto 2014
CRESLAM MILOSZ
Si può fare poesia con ciò che non è poesia? Ma cosa non è poesia? Proprio l’apparente impoeticità – tratto poi comune tanto a Carver come a Szymborska – sarà la caratteristica capace di riavvicinare il lettore comune alla poesia, riconciliando vita e letteratura attraverso versi scritti «di rado e controvoglia». Perché nell’uomo abitano non solo viscere, ma pure spiriti. Così come lo abitano gesti del passato e del futuro. Infinite possibilità che si rincorrono e rinnovano da secoli. L’irrisoluta precarietà che abita nell’uomo non è destinata a spegnersi nella cenere, ma a cercare costantemente quel «compimento» di cui l’arte – e tutte le opere dell’uomo – non sono che una approssimazione, come scrive Milosz nell’inedita Cieli (già riportata QUI). Ma è con un’altra poesia che voglio concludere: Tarda maturità, una delle ultimissime composizioni dell’autore che speriamo – in occasione di questo anniversario – di vedere presto raccolta in volume:
Non subito
perché solo attorno ai novanta
si è aperta dentro di me la porta
e sono entrato nella chiarezza del mattino.
Sentivo allontanarsi da me una dopo l’altra
come fossero ladri le mie vite anteriori
con il loro tormento. Apparivano,
concessi al mio cesello, paesi, città, giardini,
golfi di mare, per venire descrittin9
meglio di tutti. Non ero
separato dagli uomini, ci univano
rimpianto e pietà, e dicevo:
Abbiamo dimenticato che siamo tutti
figli di un re, poiché veniamo da dove ancora
non c’era divisione tra il sì e il no,
né divisione tra c’è, ci sarà, c’è stato.
Siamo scontenti e facciamo uso
cento volte di meno del dono
che abbiamo ricevuto per il nostro lungo
viaggio. Atti di ieri e di secoli fa
– il colpo di una spada, il dipingerci
le ciglia davanti a uno specchio di lucido
metallo, lo spago mortale di un moschetto,
lo schianto di una caravella sugli scogli –
abitano dentro di noi e aspettano
il loro compimento. Ho sempre
saputo che sarei stato il lavoratore
di una vigna così come tutti gli uomini
che vivono il mio tempo, consapevoli
di ciò oppure inconsapevoli.
(traduzione di Giovanni Panfilio. Questo articolo è comparso su ZENIT 24/05/2011)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento