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lunedì 30 giugno 2014

NON HO PAURA DEGLI SPECCHI…di Deena Metzger

«Non ho paura degli specchi… Vi era una sottile linea rossa che attraversava il mio torace lì dove era entrato un coltello adesso un ramo circonda la cicatrice e si porta dal braccio al cuore Un ramo coperto di verdi foglie dove appesa è l’uva e vi appare un uccello … Ho disegnato il mio torace con la cura riservata ad un manoscritto miniato Non mi vergogno più di fare l’amore. L’amore è una battaglia che posso vincere Ho il corpo di un guerriero che non uccide né ferisce Sul libro del mio corpo per sempre ho inciso un albero».

Deena Metzger

Questa splendida poesia è di Deena Metzger . Deena fu operata al seno a causa di un tumore. Quando lei visse questa esperienza non si usava ancora la ricostruzione. Oggi questa tecnica, praticata quando è possibile, è un aiuto indispensabile per una donna costretta all’amputazione. Deena parla della sua ferita. Ma anche di speranza e di bellezza. In questo momento in cui il corpo femminile è così brutalmente mercificato, artefatto, banalizzato, queste parole hanno un grande valore. E la foto di Deena è la più grande delle testimonianze.








sabato 28 giugno 2014

PIETRE di Robert Creeley (da "Parole")



Cercando di pensare

ad una via d’uscita,
le pietre del pensiero

che spostano,
lanciate
in acqua,

molte altre cose.
Così la vita
è acqua, anche l’amore

ha una sostanza
simile.
Mancando

l’acqua una domenica
mattina Dio
non provvederà -

che sia mia moglie,
il suo calore
disteso

al mio fianco, che sia questo
senso di calda
umidità la condizione

di ogni fioritura?
Lascia cadere
la pietra,

pensa bene, pensa
bene di me.






mercoledì 25 giugno 2014

il peso è troppo di ALLEN GINSBERG

  1. il peso è troppo

    deve dare
    senza nulla in cambio
    così come il pensiero
    si dà...
    in solitudine
    con tutta la bravura
    del suo eccesso.

    I corpi caldi
    splendono insieme
    al buio
    la mano si muove
    verso il centro
    della carne,
    la pelle trema
    di felicità
    e l'anima viene
    gioiosa fino agli occhi -

    sì, sì,
    questo è quel
    che volevo,
    ho sempre voluto,
    ho sempre voluto,
    tornare
    al mio corpo
    dove sono nato.









domenica 22 giugno 2014

La stanca estate di HERMANN HESSE



La stanca estate china il capo
specchia nell' acqua il suo biondo volto.
Erro stanco e impolverato
nell' ombra del viale.

Tra i pioppi soffia una leggera
brezza. Il cielo alle mie spalle e' rosso
di fronte l' ansia della sera
- e il tramonto - e la morte.

E vado stanco e impolverato
e dietro a me resta esitante
la giovinezza, china il capo
e non vuole più seguire la strada con me.




Dipinto: Konstantin Kacev(da DjArt)










mercoledì 18 giugno 2014

"Dicci com’ è un albero.... di Josè SARAMAGO

"Dicci com’ è un albero

affinché non dubitiamo
che qualcosa nel mondo,
fuori da queste mura,
continui a combattere
contro l’ infamia,
contro la menzogna,
contro la stolta crudeltà
dei nemici della vita,

dicci com’ è e dov’ è la giustizia,

perché le strappiamo
la benda dagli occhi
affinché veda, finalmente,
a chi, di fatto, è servita, chiunque egli sia;
ma non ci dicano com’ è la dignità
perché lo sappiamo già,
perché, perfino quando sembrava
non fosse che una parola,
noi comprendevamo
che si trattava della pura essenza della libertà,
nel suo senso più profondo,
quello che ci permette di dire,
contro l’ evidenza stessa dei fatti,
che eravamo prigionieri,
eppure eravamo liberi."









()

E quando tutti.... di JULIO CORTASAR


E quando tutti se ne andavano

e restavamo in due
tra bicchieri vuoti e portacenere sporchi,
com’era bello sapere che eri lì
come una corrente che ristagna,
sola con me sull’orlo della notte
e che duravi, eri più che il tempo,
eri quella che non se ne andava
perché uno stesso cuscino
e uno stesso tepore
ci avrebbero chiamati di nuovo
a svegliare il nuovo giorno,
insieme, ridendo, spettinati.

Julio Cortázar






Forse dormiamo e.... di NICHITA STANESCU


Forse dormiamo e stiamo sognando, mi disse lei,

e io le ho creduto, perché diventava
più pesante e più leggera a volontà
simile agli uccelli in volo.

Correvamo verso l’alto sulle scale di cemento
e lei sollevava dal mio abbraccio
due occhi splendenti, argentei,
verso un cielo inventato proprio allora.

Il suo sguardo fondeva i muri,
feriva le mie guance da cui
erompeva il sangue verso il passato
senza dolore, a fiotti.

Forse dormiamo e stiamo sognando, mi disse lei.
Correvamo verso l’alto. La scala di cemento
era terminata da un pezzo. Ed anche l’edificio.
Avevamo superato anche il futuro. Le parole
erano rimaste indietro. E forse nemmeno noi
esistevamo più.

Nichita Stănescu

(Nichita e Dora Stănescu)






martedì 17 giugno 2014

Se muoio sopravvivimi - PABLO NERUDA



Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura

che tu risvegli la furia del pallido e del freddo,
da sud a sud alza i tuoi occhi indelebili,
da sole a sole suoni la tua bocca di chitarra.
Non voglio che vacillino il tuo riso nè i tuoi passi,
non voglio che muoia la mia eredità di gioia,
non bussare al mio petto,sono assente.
Vivi nella mia assenza come in una casa.
E' una casa sì grande l'assenza
che entrerai in essa attraverso i muri
e appenderai i quadri nell'aria.
E' una casa sì trasparente l'assenza
che senza vita io ti vedrò vivere
e se soffri,amor mio,morirò nuovamente.





Wislawa Szymborska, DA UNO SPASSO (1967)





AL MIO CUORE, DI DOMENICA Ti ringrazio, cuore mio:
non ciondoli, ti dai da fare
senza lusinghe, senza premio,
per innata diligenza.
Hai settanta meriti al minuto.
Ogni tua sistole…
è come spingere una barca
in mare aperto
per un viaggio intorno al mondo.
Ti ringrazio, cuore mio:
volta per volta
mi estrai dal tutto,
separata anche nel sonno.
Badi che sognando non trapassi in quel volo,
nel volo
per cui non occorrono le ali.
Ti ringrazio, cuore mio:
mi sono svegliata di nuovo
e benché sia domenica,
giorno di riposo,
sotto le costole
continua il solito viavai prefestivo.
Wislawa Szymborska, da Uno spasso (1967)






AL MIO CUORE, DI DOMENICA Wislawa Szymborska, da Uno spasso (1967)


Ti ringrazio, cuore mio:
non ciondoli, ti dai da fare
senza lusinghe, senza premio,
per innata diligenza.
Hai settanta meriti al minuto.
Ogni tua sistole...
è come spingere una barca
in mare aperto
per un viaggio intorno al mondo.
Ti ringrazio, cuore mio:
volta per volta
mi estrai dal tutto,
separata anche nel sonno.
Badi che sognando non trapassi in quel volo,
nel volo
per cui non occorrono le ali.
Ti ringrazio, cuore mio:
mi sono svegliata di nuovo
e benché sia domenica,
giorno di riposo,
sotto le costole
continua il solito viavai prefestivo.






SE DEVO VIVERE di Julio Cortàzar


Se devo vivere senza di te, che sia duro e cruento,
la minestra fredda, le scarpe rotte, o che a metà dell’opulenza
si alzi il secco ramo della tosse, che latra
il tuo nome deformato, le vocali di spuma, e nelle dita
mi si incollino le lenzuola, e niente mi dia pace.
Non imparerò per questo a meglio amarti,
però sloggiato dalla felicità
saprò quanta me ne davi a volte soltanto standomi nei pressi.
Questo voglio capirlo, ma mi inganno:
sarà necessaria la brina dell’architrave
perché colui che si ripari sotto il portale comprenda
la luce della sala da pranzo, le tovaglie di latte, e l’aroma
dl pane che passa la sua mano bruna per la fessura.
Tanto lontano ormai da te
come un occhio dall’altro,
da questa avversità che assumo nascerà adesso
lo sguardo che alla fine ti meriti.
Si he de vivir
Si he de vivir sin ti, que sea duro y cruento,
la sopa fría, los zapatos rotos, o que en mitad de la opulencia
se alce la rama seca de la tos, ladrándome
tu nombre deformado, las vocales de espuma, y en los dedos
se me peguen las sábanas, y nada me dé paz.
No aprenderé por eso a quererte mejor,
pero desalojado de la felicidad
sabré cuánta me dabas con solamente a veces estar cerca.
Esto creo entenderlo, pero me engaño:
hará falta la escarcha del dintel
para que el guarecido en el portal comprenda
la luz del comedor, los manteles de leche, y el aroma
del pan que pasa su morena mano por la hendija.
Tan lejos de ti
como un ojo del otro,
de esta asumida adversidad
nacerá la mirada que por fin te merezca.

░R░A░I░N░.• ℒƠѵℯ• by Catherine La Rose 








ROBERT FROST: La strada non presa



Divergevano due strade in un bosco
Ingiallito, e spiacente di non poterle fare
Entrambe essendo uno solo, a lungo mi fermai
E ne guardai una lontano quanto potevo 
fin dove svoltava nel sottobosco.
Poi presi l’altra, che era buona ugualmente
E aveva forse i titoli migliori
Perché era erbosa e sembrava poco battuta;
Benché, in fondo, il passar della gente
Le avesse invero segnate più o meno lo stesso, 
Perché nessuna in quella mattina mostrava

Sui fili d’erba l’impronta nera d’un passo.
Oh, la prima lasciavo a un altro giorno!
Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
Dubitavo se mai sarei tornato indietro. 

Questa storia racconterò con un sospiro

Chissà dove fra molto molto tempo:
Divergevano due strade in un bosco e io…
Io presi la meno battuta,
E di qui tutta la differenza è venuta.





Ode al presente – PABLO NERUDA



Questo
presente
liscio
come una tavola,
fresco,
quest’ora,
questo giorno
terso
come una coppa nuova
- del passato
non c’è una sola
ragnatela -
tocchiamo
con le dita
il presente,
ne scolpiamo
il profilo,
ne guidiamo
il germe,
è vivente,
vivo,
non ha nulla
dell’ieri irrimediabile,
del passato perduto,
è nostra
creatura,
sta crescendo
in questo
momento, sta trasportando
sabbia, sta mangiando
nelle nostre mani,
prendilo,
non lasciarlo scivolare,
che non sfumi in sogni
o in parole,
afferralo,
trattienilo
e dagli ordini
finché non ti obbedisca,
fanne strada,
campana,
macchina,
bacio, libro,
carezza,
taglia la sua deliziosa
fragranza di legname
e con essa
fatti una sedia,
intrecciane
lo schienale,
provala,
o anche
una scala!
Sì,

una scala,
sali
nel presente.
gradino
dopo gradino,
fermi
i piedi sopra il legno
del presente,
verso l’alto,
verso l’alto,
non molto in alto,
soltanto
fin dove tu possa
riparare
le grondaie
del tetto,
non molto in alto,
non andartene in cielo,
raggiungi
le mele,
non le nuvole,
quelle
lasciale
andare per il cielo, andare
verso il passato.
Tu
sei
il tuo presente,
la tua mela:
prendila
dal tuo albero,
innalzala
nella tua
mano,
brilla
come una stella,
toccala,
addentala e incamminati
fischiettando per strada.